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Vynil Sellout – Novembre 2016
Il Vynil Sellout torna anche questo mese, pronto a proporvi un pò di buona e sana musica.
Una selezione di tre canzoni da ascoltare, scoprire e approfondire per gustarsi ancora di più il loro ascolto.
Curiosi di scoprire la tripletta di questo mese? Andiamo a scoprirla!
1- Redbone – Childish Gambino
Ci siamo, tra poco la nuova fatica musicale di Donald Glover, vero nome di Childish Gambino, vedrà la luce. Con un passato da rapper ed un flirt da cantate r’n’b, ora l’attore visto in Community volta pagina e sembra esserti trasportato nelle atmosfere intense e avvolgenti della musica anni ’60 con il supporto della strumentazione elettronica.
Al suo fianco il fido Ludwig Göransson, produttore di quasi tutte le sue canzoni e che a sentire le tracce in anteprima (questa e “Me and Your Mama“) dimostra di avere una sinergia con Glover quasi unica. Il poliedrico 33enne californiano continua così a rimanere sulla cresta dell’onda, con l’annuncio del ruolo di Lando Calrissian nel film spin off di Star Wars dedicato a Han Solo e l’album “Awaken, My Love!” in uscita il 2 dicembre.
2- Ninja – Marracash e Guè Pequeno
La stessa data vedrà pubblicato anche “Santeria – Tesori Nascosti“, la versione Deluxe dell’album pubblicato dai due rapper questa estate e che ha avuto molto successo. Questa nuova edizione vedrà tre brani con nuovi featuring e tre canzoni inedite, tra cui questa.
Niente di particolare nei contenuti: anche questa canzone vede i due evidenziare la loro vita al limite e legare le metafore al mondo dei guerrieri giapponesi che lottano nell’ombra. Tra i due preferisco Marracash, molto più aderente all’argomento, mentre Guè Pequeno, come spesso fa, preferisce rimanere legato ai suoi temi (ma spacca lo stesso).
3- Up All Night – Alex Clare
Una sferzata di energia con questo pezzo rock del lontano 2010, il primo singolo di debutto del cantante britannico. Alex Clare ha iniziato proprio sei anni fa a presentarsi al grande pubblico avendo un buon successo nei paesi anglofoni e nel centro Europa.
La scoperta di questa canzone è dovuta ad una serie televisiva, che la usa come colonna sonora. Si tratta di Class, serie spin off di Doctor Who incentrata su un gruppo di adolescenti che frequentano la Coal Hill School e che vengono a contatto con il Dottore ed il suo mondo fatto di alieni e rischi mortali ogni giorno.
Come giochiamo a calcio – Italia
Continua la traduzione dell’articolo pubblicato sul New York Times a proposito delle nazionali andate in scena ai Mondiali di Brasile 2014 e le origini del loro gioco.
Abbiamo visto il Brasile, abbiamo visto l’Inghilterra, ora è il nostro turno: scopriamo da dove nasce il gioco dell’Italia.

Fabio Cannavaro lotta con il francese Zinedine Zidane nella finale di Coppa del Mondo del 2006 in Germania. (Associated Press/Michael Probst)
Mai noiosa, sempre Bella
di Beppe Severgnini
tradotto da Stefano Acquafredda
Alcune persone fanno festa troppo presto. Ero in Brasile nella primavera del 2006, e il Brasile era in festa. La Coppa del Mondo in Germania stava per cominciare, e brasiliani, giustamente convinti di avere la squadra migliore, stavano già celebrando il loro trionfo. Ad un evento pubblico ho detto: “Calmatevi, per favore. Questa volta vincerà l’Italia“. Il pubblico ridacchiò, dicendo: “Andiamo. Il calcio italiano è nel bel mezzo del suo più grande scandalo di sempre. Due scudetti sono stati revocati. I giocatori sono sotto shock, ed i club sono in disgrazia!“. Ecco perché, dissi.
Va bene, sono stato fortunato. Ma c’era del metodo nella mia previsione. Quando gli azzurri sono in bilico e sentono di avere qualcosa da dimostrare, fanno centro. Quando è troppo facile, sono inutili. Le peggiori performance dell’Italia in Coppa del Mondo sono state precedute da grandi aspettative: in Germania nel 1974, dopo aver raggiunto la finale in Messico; in Messico nel 1986, dopo aver vinto in Spagna; in Corea del Sud e Giappone nel 2002, dopo aver fatto bene in Europa; e in Sud Africa 2010, dopo essere arrivati come campioni. Le migliori prestazioni italiane sono arrivate sulla scia della sconfitta, del disastro e dello scandalo.
Ecco perché le cose stanno andando bene per Brasile 2014. Il calcio italiano se la sta cavando male in Europa, ed i club sembrano essere alla mercé di teppismo e debiti complessi. Il pacato allenatore Cesare Prandelli ha dovuto ingoiare il suo orgoglio quando ha chiamato il difensore della Juventus Giorgio Chiellini, che è stato espulso per un brutto fallo contro la Roma. I puristi di calcio sono furiosi, Prandelli è infastidito, e le autorità sportive italiane sono imbarazzate. Fin qui tutto bene.
Nel calcio come nella vita, noi italiani tendiamo a fare meglio quando siamo spalle al muro. Per la maggior parte delle persone, quella non è una posizione particolarmente comoda. Ma a noi sembra andare bene così. In economia, politica e vita quotidiana, l’Italia ha bisogno di essere sofferente, e forse un po’ spaventata, per uscirne fuori. Negli ultimi tre anni e mezzo, abbiamo prodotto quattro primi ministri – l’ultimo uno senza esperienza di 39 anni – e le frustrazioni di un’angoscia economica. Dai un’occhiata ai notiziari britannici e americani in questo periodo, e li troverai pieni di titoli come “Euro Crisi” e “Italia sull’orlo del burrone!”.
Ma a noi piacciono gli orli. La vista è fantastica.
Ero in Colorado per il l’Aspen Ideas Festival nel giugno 2012. La crisi dell’euro era al suo apice, i capi di governo dell’Unione Europea si stavano radunando per un vertice d’emergenza a Bruxelles, e quella notte, l’Italia stava giocando contro la Germania nell’Europeo. Ero a un panel che era più o meno una discussione come un funerale per l’euro. Quando fu il mio turno di parlare, ho detto: “La Germania troverà un modo per risolvere la crisi dell’euro, e l’Italia troverà un modo per risolvere i tedeschi nel bellissimo gioco. Abbiamo entrambi troppo in gioco“. Ancora una volta, avevo ragione.
Io non sono un profeta. Solo conosco bene il mio paese. Essere italiani è un lavoro a tempo pieno, perché non dimentichiamo mai chi siamo – nella vita o sul campo – e ci piace confondere i nostri avversari. Lo stile di calcio italiano è elegante, seducente e imprevedibile. Germania, Inghilterra e Olanda possono avere un approccio più corri-a-perdifiato e macho, ma l’Italia è una “signora” che attrae e colpisce quando ti avvicini troppo. Il catenaccio – la catena e lucchetto – è una metafora sessuale, ovviamente difensiva, mentre un contropiede – l’improvviso contro attacco – è inevitabile quando la signora decide che ne ha avuto abbastanza dei vostri approcci maldestri.
Gli italiani adorano le apparenze, e qualche volta mettiamo l’estetica prima dell’etica, che può essere un problema. “La bella figura” – fare una buona impressione – è un concetto fondamentale per comprendere se si vuole avere controllo sull’Italia. “La Grande Bellezza” ha appena vinto l’Oscar per il miglior film straniero, e la bellezza è ciò che ci piace di mostrare in campo. Come un sacco di altre squadre, lo ammetto. Ma per la Germania, la bellezza è organizzazione. Per l’Inghilterra, è dedizione e ritmo di lavoro. Per il Brasile, la bellezza è una danza. Ma per noi e per l’Argentina – un’Italia al quadrato, se si guardano i loro nomi e volti! – la bellezza è velocità mozzafiato.
Gli Stati Uniti ci proveranno seriamente e faranno presumibilmente bene, come sempre. L’Italia potrebbe essere un finalista o lasciare il Brasile in disgrazia. Siate certi gli azzurri vi sorprenderanno o deluderanno tutti. Loro discuteranno – con la stampa, coi tifosi e l’un l’altro – fino alla partita inaugurale contro l’Inghilterra il 14 giugno a Manaus. Prevedibile è noioso; imprevisto è incredibile. La signora non vorrebbe farlo in nessun altro modo.
Beppe Severgnini è un colonnista del Corriere della Sera e autore di “La Bella Figura: A Field Guide to the Italian Mind“.
Articoli precedenti:
#1 – Brasile
#2 – Inghilterra
Come giochiamo a calcio – Inghilterra
Un paio di giorni fa ho dato il via a una serie di pubblicazioni riguardo un articolo trovato sul New York Times, con sei diversi scrittori che spiegavano, in occasione dei Mondiali di Brasile 2014, da dove nasce il gioco della squadra della loro nazionale.
Abbiamo cominciato con il Brasile, ora si vola verso la patria del calcio: l’Inghilterra.

Bobby Charlton segna contro il Portogallo durante la semifinale di Coppa del Mondo 1966. L’Inghilterra vinse l’incontro 2-1.(Central Press/Hulton Archive/Getty Images)
Un Impero del Calcio, profondamente confuso
di David Winner
tradotto da Stefano Acquafredda
Lo stile di gioco della nazionale di calcio inglese ricorda la la barzelletta inglese in cui passato (Past), presente (Present) e futuro (Future) entrano in un pub insieme: sono nervosi (tense; n.d.b.: humor inglese…).
E’ anche profondamente confuso. Come un ex capitano dell’Inghilterra mi ha messo recentemente a corrente: “Siamo sparpagliati ovunque. Qual è la filosofia di calcio inglese di questi tempi? Non abbiamo alcuna idea di quale dovrebbe essere il nostro sistema“.
Altre nazioni hanno sviluppato identità coerenti del calcio moderno. Ma la madre patria del gioco è incagliata tra allora e adesso. Cosa c’è avanti?
In questa Coppa del Mondo, l’allenatore dell’Inghilterra Roy Hodgson ha potuto seguire la maggior parte dei suoi predecessori e schierare il tradizionale e fallito approccio da bulldog, tutto sangue e fulmini, in uno scricchiolante e vecchio 4-4-2. In alternativa, potrebbe tentare di sfruttare il talento di una nuova generazione di giovani giocatori che sono cresciuti nell’innovativa ed esterofila Premier League.
Ferocemente competitivo e guidato dai soldi, il club di calcio inglese è cambiato in modo tale che la nazionale, ancora sotterrata dalla sua storia, non è ancora riuscita ad entrare in sintonia. Giovani brillanti, veloci e tecnici come Daniel Sturridge del Liverpool o Alex Oxlade-Chamberlain e Jack Wilshere dell’Arsenal sono attualmente ben allenati a giocare il calcio moderno al pari dei loro coetanei in Spagna o in Germania.
Ma avranno occasione di esprimersi così anche per l’Inghilterra?
Riflettendo l’incertezza di un paese in cui il partito anti-Europa UK Independence Party ha vinto recentemente le elezioni al Parlamento europeo, nessuno ne ha la più pallida idea. Per capire perché, dobbiamo guardare alla storia.
Il calcio è stato a lungo un bastione di una concezione peculiare del 19° secolo dell’essere inglesi che la nazione sembra riluttante a rinunciare. Il gioco è nato durante l’epoca dell’impero quando le scuole pubbliche d’elite del paese adattarono forme precedenti di un calcio popolare violento a scopi educativi.
Tipici giochi popolari rurali coinvolgevano centinaia di ubriachi dai villaggi rivali scatenati per le strade e i campi, cercando di guidare, per esempio, un barilotto di birra (l’antenato della palla) nella cripta di una chiesa (l’antenato del goal). Le scuole distillavano così rituali alimentati a testosterone in nuovi formati che coinvolgevano squadre meno numerose, ragazzi sobri e palle di cuoio fradicie. Codificato dalla Football Association e successivamente diffuso nel mondo, questo stile di calcio non è mai stato il cosiddetto bel gioco; lo scopo originario degli educatori era quello di infondere virtù virili e marziali nei futuri soldati e amministratori imperiali.
L’impero britannico è scomparso molto tempo fa, ma la sua eredità indugia, non da ultimo nelle radici dell’erba del calcio inglese dove lo spirito di squadra, il coraggio e la volontà di sopportare il dolore ancora contano più di abilità, intelligenza o creatività. L’archetipo dell’eroe inglese rimane il temerario personaggio dei cartoni animati Roy Race, meglio conosciuto come Roy of the Rovers: un attaccante che assomigliava a un guerriero, che era specializzato in “colpi di testa a proiettile” e tiri a “palla di cannone”.
Anche ora, la TV inglese e commentatori radiofonici parlano della stagione come una “campagna” e di attaccanti che “guidano la carica” come se il calcio fosse un gioco di guerra di epoca vittoriana.
Nel frattempo, nel resto del mondo, il calcio è cambiato profondamente, e abilità, intelligenza e creatività vengono riconosciute come prerequisiti per il successo. Dagli anni ’50 in poi, gli incontri con geni di calcio provenienti da altre terre hanno lasciato apparire quelli che furono i maestri inglesi del gioco come tori in carica disorientati dai movimenti di un mantello.
Proprio come l’adattamento alla loro diminuito status post-imperiale negli affari internazionali è stato una lotta, così gli inglesi stanno prendendo molto tempo per abbandonare la fantasia che, avendo loro inventato il gioco, dovrebbero ancora aspettarsi di vincere la Coppa del Mondo.
La verità – come tutti hanno notato altrove e molto tempo fa – è che la nazione è andata una volta sola oltre i quarti di finale di un grande torneo giocato all’estero (ha raggiunto le semifinali in Italia nel 1990).
La confusione, la delusione e la stucchevole nostalgia del calcio inglese sono diventate noiose. Il tempo per la nazionale di adottare un po’ di pudore e modernità – e di andare ad abbracciare il cambiamento – è atteso da tempo.
David Winner è l’autore di “Those Feet: A Sensual History of English Soccer” e “Brilliant Orange: The Neurotic Genius of Dutch Soccer“.
Articoli precedenti:
#1 – Brasile